Intervista a Nives Meroi, la prima alpinista italiana a salire tutti i 14 ottomila del nostro pianeta con il compagno Romano Benet
Raggiungere la vetta di tutte le 14 montagne oltre gli ottomila metri insieme al proprio partner. Un sogno per tutte le coppie di alpinisti, un’impresa finora riuscita solo a Nives Meroi e Romano Benet, compagni di vita oltre che di cordata, che col tempo si sono spinti ad esplorare orizzonti sempre più lontani, dove l’aria è rarefatta e “dove ogni passo diventa uno sforzo di volontà”.
Nives Meroi ha saputo portare la figura femminile alla ribalta nel mondo alpinistico italiano e non solo ed è stata la prima donna italiana a salire su tutte le grandi vette, ad una trentina d’anni da un “certo” Reinhold Messner. Un percorso avvenuto in modo graduale, dalle prime salite sulle Alpi alle spedizioni extraeuropee, unendo la passione dell’alpinismo con quella del viaggio.
Non senza incognite ed imprevisti: nel volume "Non ti farò aspettare. Tre volte sul Kangchendzonga, la storia di noi due raccontata da me" (Rizzoli, 2015), Nives racconta la sua esperienza dei tre tentativi di scalata della vetta del Khangchendzonga e, soprattutto, della storia di una rinuncia per amore e per solidarietà. Sì, perché raggiungere la cima è importante ma è ancor più importante saperci rinunciare, anche a poche centinaia di metri dalla vetta.
Ma allora perché andare in montagna, sapendo che il rischio è sempre presente? Come spiega Nives, ognuno ha un proprio orizzonte, diverse sono le aspirazioni, la voglia di sfida, di superare i propri limiti fisici. Ognuno è libero di scegliere, consapevole del rischio che intende affrontare. Non ci sono montagne pericolose se avvicinate gradualmente, con esperienza, senso di responsabilità e del limite. Ogni salita presenta una fatalità non calcolabile con cui fare i conti.
Ascoltando Nives scorre la narrazione di un alpinismo attento a rispettare la natura, i paesi e le genti di cui sono ospiti. Tutte le salite avvengono senza l’ausilio di ossigeno supplementare, portatori d’alta quota e campi fissi, in un continuo confronto e sfida onesta con se stessi e la montagna. Cercando sempre, al termine di ogni scalata, di lasciare i campi sempre puliti, rendendo minimo l’impatto con l’ambiente. In un rapporto con la montagna di assoluta purezza.
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17 luglio 2018
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